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Juan Carlos Garavaglia, un percorso attraverso la storia economica lungo una vita
Juan Carlos Garavaglia, un recorrido por la historia económica a lo largo de una vida
Juan Carlos Garavaglia, a journey through the economic history along a life
Juan Carlos Garavaglia, un percorso attraverso la storia economica lungo una vita
Prohistoria, no. 28, 2017
Prohistoria Ediciones
Received: 20 October 2017
Accepted: 26 December 2017
Resumen: Juan Carlos Garavaglia estaba convencido de que jamás debía hacerse una historia económica desvinculada de la historia social. Postulaba que aquella no debe circunscribirse a la mera enumeración de cifras abstractas, sino que es imprescindible que la disciplina preste especial atención a las personas de “carne y hueso”, a las dinámicas sociales que informan todo proceso histórico. Esta postura lo llevó a practicar a lo largo de sus investigaciones un enfoque multidisciplinario, atento a los avances de la antropología, la sociología y las demás ciencias sociales. En estas páginas se ofrece una reflexión sobre la manera en que este historiador entendía el oficio, a través de un recorrido por sus principales trabajos.
Palabras clave: Juan Carlos Garavaglia, historia económica, historia social, microhistoria.
Sommario: Juan Carlos Garavaglia era convinto che mai si doveva studiare la storia economica svincolata dalla storia sociale. Postulava che quella non debbe circoscriversi soltanto a l’enumerazione di cifre astratte, ma è imprescindibile che la disciplina presti speziale attenzione alle persone di “carne ed ossa”, alle dinamiche sociali che informano ogni processo storico. Sceglieva, quindi, sempre un punto di vista multidisciplinario per le sue ricerche, attento ai progressi de l’antropologia, la sociologia ed altre scienze sociali. Su queste pagine si offre una riflessione sopra come lo storico capiva il suo mestiere, attraverso un percorso dei sui principali lavori. Parole chiave Juan Carlos Garavaglia – storia economica – storia sociale – microstoria
Parole: Juan Carlos Garavaglia, storia economica, storia sociale, microstoria.
Abstract: Juan Carlos Garavaglia was convinced that economic history never should be studied disconnectedly from social history. He sustained that economic history cannot be only the enumeration of abstract numbers, but it must pay special attention to the people of flesh and bone, to the social dynamics that inform every historic process. This proposal made him develop a multidisciplinary approach in all his researches, aware of the progresses of anthropology, sociology, and other social sciences. In these pages a thought will be offer, upon the way in which the historian understood his job, by a travel through his main works.
Keywords: Juan Carlos Garavaglia, economic history, social history, microhistory.
Resumen: Juan Carlos Garavaglia estaba convencido de que jamás debía hacerse una historia económica desvinculada de la historia social. Postulaba que aquella no debe circunscribirse a la mera enumeración de cifras abstractas, sino que es imprescindible que la disciplina preste especial atención a las personas de “carne y hueso”, a las dinámicas sociales que informan todo proceso histórico. Esta postura lo llevó a practicar a lo largo de sus investigaciones un enfoque multidisciplinario, atento a los avances de la antropología, la sociología y las demás ciencias sociales. En estas páginas se ofrece una reflexión sobre la manera en que este historiador entendía el oficio, a través de un recorrido por sus principales trabajos.
Palabras clave: Juan Carlos Garavaglia, historia económica, historia social, microhistoria.
Mi è sempre sembrato molto simbolico che il mio primo incontro con Juan Carlos Garavaglia –incontro di persona perché quello con i suoi studi era stato di molto precedente– non fosse avvenuto a Parigi negli anni ’90, presso l’Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales, dove Juan Carlos insegnava e dove io, a partire dagli anni del dottorato, avevo preso la consuetudine di recarmi periodicamente per dei soggiorni di ricerca. Ci conoscemmo invece a Buenos Aires nel 2002 e il luogo del nostro incontro mi apparve allora, e continua ad apparimi a distanza di tanti anni, molto simbolico perché Juan Carlos –grande intellettuale cosmopolita appartenente ad una dei più prestigiosi centri di cultura mondiali– era prima di qualsiasi altra cosa argentino e porteño, un tratto della sua personalità che, per ovvie ragioni, probabilmente risulta poco percettibile a molti suoi connazionali. Ma il carattere simbolico di quel primo incontro con Juan Carlos non si fermava al solo fatto di essere avvenuto a Buenos Aires.
Nel luglio del 2002 mi trovavo a Buenos Aires per il XIII Congresso Internazionale di Storia Economica, un congresso che sarebbe stato ricordato per il suo clamoroso fallimento: Buenos Aires era stata scelta come sede per rendere più agevole la partecipazione degli studiosi latino-americani, e soprattutto argentini, e facilitarne l’incontro con gli storici economici di tutto il mondo, ma il complesso momento che l’Argentina stava vivendo in quei mesi aveva spinto proprio molti di quanti sarebbero dovuti venire da più lontano ad annullare la loro presenza, una scelta che mi appariva del tutto ingiustificata, anzi proprio la situazione in cui l’Argentina si era venuta a trovare a causa e con la complicità della comunità internazionale, costituiva una ragione in più per non voltarle le spalle in quelle difficili circostanze. In ogni caso, avendo anche altri impegni in Argentina, mantenni il mio programma e partecipai al congresso; ben presto scoprii però che ancora più gravi erano state le defezioni proprio da parte degli storici economici argentini: la quota di iscrizione al congresso era stata fissata in dollari quando era ancora vigente il cambio uno a uno con il peso, tuttavia dopo l’abbandono della parità, il pagamento di tale quota era divenuto di fatto proibitivo per molti colleghi. L’organizzazione del congresso, affidata a un gruppo di accademici estremamente conservatori, solo a pochi giorni dall’apertura aveva consentito che gli studiosi argentini versassero la quota di iscrizione in pesos e non in dollari, ma a quel punto la maggior parte di essi aveva deciso di boicottare il congresso anche per dissensi di natura politica con quel gruppo. Compresi, e sottoscrissi, appieno i motivi della contestazione quando, in occasione della cerimonia di apertura dei lavori del congresso, che avveniva davanti a una platea ridotta a circa un quarto delle presenze previste, il principale organizzatore dell’incontro nel suo discorso inaugurale dichiarò, facendo riferimento alla situazione politica ed economica del suo paese, che tale situazione era dovuta al non aver applicato fino in fondo misure di politica economica neo-liberali e che in ogni caso i problemi dell’Argentina erano solo dell’Argentina!
Con queste premesse, sin da quel primo incontro, era inevitabile che con Juan Carlos parlassimo a lungo proprio della storia economica, del prevalere al suo interno –allora come oggi– di un’impostazione fondamentalmente neo-liberale, di come tale impostazione, tendendo ad ignorare quanto la storia economia sia tributaria della storia sociale e quindi dell’antropologia, della sociologia e delle altre scienze sociali, introduca terribili distorsioni nella lettura non solo del passato ma anche del presente … e il presente, inteso come la particolarissima e triste congiuntura che l’Argentina viveva in quel momento, fu l’altro grande protagonista dei nostri discorsi. Del resto fu una stimolantissima conversazione a più voci: Pepe Moreno e Cristina Cacopardo, della cui amicizia ed immensa generosità approfittavo ancora un volta ospitandomi nella loro bella casa di Vicente López, avevano organizzato un pranzo in mio onore, invitando Juan Carlos e altri colleghi, tra cui Jorge Gelman, la notizia della cui improvvisa scomparsa è venuta a rendere ancora più triste la stesura di queste brevi note.
Per me conoscere Juan Carlos significò innanzitutto dare un volto e il colore di una voce all’autore di studi che molto avevo apprezzato, ma sin da quel primo incontro imparai a conoscere la sua straordinaria capacità di rendere qualsiasi conversazione una fonte inesauribile di stimoli intellettuali, ricca di aneddoti, ricordi personali e digressioni erudite, che con grande ironia sapeva sempre rendere leggere. Da allora e fino a poco prima della sua scomparsa, gli incontri con Juan Carlos sarebbero stati per me un’occasione di irripetibile valore per ragionare sul significato del mio lavoro scientifico come storico economico alla luce della sua grande esperienza. I nostri scambi sono avvenuti talora in contesti amicali, spesso insieme con Elisa Caselli, che per quasi tredici anni ha condiviso con Juan Carlos una convivenza alimentata da grandi avventure intellettuali, talora all’interno di occasioni di collaborazione professionale –come quando egli tenne a Roma, presso la mia università, un apprezzatissimo seminario su Fiscalità e costruzione dello Stato in America Latina nel secolo XIX (maggio 2008) o quando egli mi invitò a collaborare alle attività del progetto European Research Council su A Comparative History of the State Building process in Latin America (1820-1870), che lo avrebbe impegnato negli anni tra il 2009 e il 2014.
La tappa che segna maggiormente il percorso di formazione di Juan Carlos Garavaglia come storico dell’economia è certamente quella corrispondente al periodo del dottorato a Parigi, presso l’EHESS, sotto la guida di Ruggiero Romano (1976-1979). Come viene ricordato nel saggio di Raúl Fradkin pubblicato in questa stessa raccolta, Juan Carlos conobbe l’opera di Ruggiero Romano durante la fase della sua formazione giovanile a Buenos Aires, al principio degli anni ’70, e fu per lui un passaggio fondamentale per partecipare al processo di revisione dell’impostazione della storia dello sviluppo economico dell’America Latina data da Andre Gunder Frank, che aveva dominato largamente la decade precedente.
Negli anni ’70 Ruggero Romano, allora forse il rappresentante più brillante della seconda generazione degli studiosi delle Annales, mentre resisteva alle pulsioni decostruttivistiche che attraversano la cultura francese e rivendicava invece una scrupolosa attenzione alle fonti documentali, aveva portato alla sua massima espressione il connubio tra l’apertura della storia al dialogo con la pluralità degli apporti della altre scienze e la critica del materialismo dialettico, della rigidità marxiana nell’analisi dei rapporti di produzione (sociali, di proprietà, giuridici, etc.) e dell’inflessibile distinzione tra l'insieme di questi rapporti, la struttura, e la sovrastruttura costituita da tutte le altre espressioni umane, culturali, istituzionali.
Nel 1971 Romano aveva pubblicato lo straordinario Tra due crisi: l'Italia del Rinascimento,[1] nel quale ripercorreva la parabola compresa tra le due crisi economiche e demografiche vissute dalla penisola nel XIV e nel XVII secolo rifiutando la tradizionale partizione della fine del XV secolo e soprattutto interpretando questo lungo processo di natura economica alla luce di un vasto ventaglio di variabili culturali, artistiche, religiose e sociali. Da quella esperienza sarebbe nata, insieme con Corrado Vivanti, un’altra grande avventura intellettuale, quella della Storia d’Italia Einaudi[2] nella quale la storia dell’economia e della società si intrecciano indissolubilmente con la cultura italiana, in tutte le sue espressioni, anche in quelle più materiali, come l’alimentazione.
Ma se il punto di partenza per l’analisi storica di Romano si radicava chiaramente nella storia europea, grande fu sempre il suo interesse per i temi legati all’economia coloniale: l’offerta illimitata di terra, le forme del lavoro forzato, gli effetti dell’introduzione dell’encomienda, le differenze rispetto al vecchio continente nel rapporto tra economia naturale ed economia monetaria, il funzionamento dei sistemi agrari, delle economie estrattive e dei mercati, e, naturalmente la riflessione sulle fonti e sui modelli di analisi a datti alla storia economica americana.[3] L’incontro con Romano, grande intellettuale europeo, ma, appunto, profondamente interessato alle dinamiche della storia economica latino-americana, influì profondamente sulla formazione di Juan Carlos, che del resto ricordava spesso gli anni trascorsi con “Ruggero” non senza citare aneddoti sui difficili rapporti che il maestro ebbe sempre con i suoi allievi, anche quelli più apprezzati e talentuosi. La grande influenza dell’insegnamento di Ruggero Romano sulla formazione di Juan Carlos si riflette sulla tesi di dottorato, destinata a divenire la sua prima pubblicazione di grande successo e diffusione, Mercado Interno y Economía Colonial.[4]
In Mercado Interno y Economía Colonial Juan Carlos indaga la produzione e commercializzazione dell’erba mate tra inizio della colonizzazione e l’indipendenza, come strumento per esaminare le modalità di costruzione dei mercati e della fitta trama di relazioni socio-economiche che si sviluppano intorno alle reti commerciali fino a vertebrare le comunità coloniali. La sua analisi muove dall’originaria consumo di questo prodotto con finalità religiose da parte degli indios guaranì, per passare all’accettazione da parte dei conquistadores e alla massiccia diffusione tra tutte le componenti della popolazione, indegni, meticci e creoli. I gesuiti, che inizialmente condannarono la produzione dell’erba mate, gradualmente ne accettarono la coltivazione nelle Riduzioni e Missioni, tanto per il consumo interno come per l’esportazione. Nel corso del XVII secolo, il mate si diffuse in molti territori dell’impero spagnolo, dal Rio della Plata al Chile, dal Potosí a Lima, concorrendo con successo con altri prodotti non meno ricercati dal gusto dei contemporanei, come caffè, the o cioccolato; si trattò di una produzione che tanto dinamizzò mercanti locali, come ne attrasse da altre aree, e che, esportata all’inizio congiuntamente con altri prodotti della terra, ad esempio con lo zucchero tra il Paraguay e il Potosì, finì per saturare da sola le rotte commerciali. Il XVIII secolo vide il consolidarsi dell’aumento della sua produzione, come della sua collocazione sul mercato potosino, pur all’interno di variabili congiunture di prezzo.
Pur molto attenta ai processi economici, ai nessi produttivi, ad enucleare le variabili di mercato e la loro evoluzione, come le condizioni materiali della coltivazione e quelle dello sfruttamento del lavoro, l’analisi condotta da Juan Carlos sulla vicenda storica dell’erba mate è ben di più che uno studio di storia economica o, per meglio dire, è uno studio di storia dove l’economia incontra e si fonde con la società, rifuggendo il letto di Procuste della semplificazione delle leggi economiche e dando voce a una pluralità di soggetti e di istanze. In questo, credo, si può evidenziare il primo grande apporto di Juan Carlos come storico dell’economia: accettare la complessità dell’economia come scienza umana, e affermare quindi la natura sempre sociale e culturale di ogni storia economica.
Negli anni che seguirono la stesura della tesi di dottorato e che ne videro il ritorno in America Latina, prima in Messico, nel 1982 e quindi in Argentina nel 1986, Juan Carlos si orientò ad applicare questo schema di interpretazione a un aspetto che in Mercado Interno y Economía Colonial veniva appena delineato, quello della fiscalità coloniale. In questi studi, che furono pubblicati dalla seconda metà degli anni ’80 e che testimoniano di un altro importante sodalizio intellettuale, quello con Juan Carlos Grosso,[5] Juan Carlos riparte dalla fondamentale intuizione schumpeteriana della fiscalità come punto d’intreccio fra storia, economia e sociologia e si pone in una posizione dialettica nei confronti della “new fiscal history” e di una interpretazione eccessivamente rigida e deterministica dell’idea dello Stato in quanto “fiscal/military state”, come propugnata da John Brewer e altri,[6] sostenendo la necessità di meglio precisare questo schema interpretativo affinché potesse essere adattato al caso della fiscalità coloniale americana e soprattutto alle sue trasformazioni successive all’indipendenza.
In molteplici saggi Juan Carlos avrebbe insistito su questo aspetto, ricordando la peculiarità del sistema fiscale coloniale come espressione di una società di corpi, di antico regime –e quindi basato su tasse appaltate o riscosse direttamente, che normalmente gravavano sulla circolazione dei beni, come l’alcabala, sul consumo, come i diritti di monopolio su tabacco, bevande alcoliche o sale, o sulla produzione, come il quinto sull’estrazione dell’argento, cui si aggiungevano il tributo pagato dagli indios nella loro condizione di popoli conquistati e quella parte delle decime ecclesiastiche che andavano alla corona– e il carattere lungo e tortuoso del processo di trasformazione in conseguenza dell’indipendenza. Un processo che non può essere interpretato in modo avulso dal più generale e complesso percorso di costruzione dello Stato e di invenzione della nazione latino-americana, come troppo spesso sembrano voler fare gli storici economici che adottano schemi interpretativi rigidi in modo avulso dai contesti geopolitici.
Al contrario, nei suoi studi sulla trasformazione dei sistemi fiscali coloniali dopo il 1810, Juan Carlos ci ha insegnato a ripartire dagli obiettivi che si prefiggevano i gruppi sociali che guidarono i processi di edificazione delle costituende nazioni latino-americane, il primo dei quali fu senz’altro il conseguimento della vittoria sugli eserciti peninsulari nella guerra d’indipendenza. In questa fase, durata un quindicennio, tutte le risorse delle finanze pubbliche e di buona parte di quelle private, furono consacrate allo sforzo bellico. Ma, rapidamente, arrivarono anche le guerre civili fra i diversi gruppi, ognuno dei quali desideroso di costruire lo stato secondo un proprio modello, prima i federali e i centralisti, poi i liberali e i conservatori. Pertanto fin quasi al 1870, con delle eccezioni come il caso cileno e in parte centroamericano, la vita quotidiana delle nazioni latinoamericane fu un conflitto quasi permanente, cosicché la prima spesa dello Stato continuò ad essere per la guerra, verso l’esterno, con il finanziamento dell’esercito, o verso l’interno, con il mantenimento delle forze di polizia. In tutti il bilanci statali latino-americani queste voci di spesa sono di gran lunga le più importanti, arrivando nel caso argentino fino all’80 % negli anni ’60 e nel caso brasiliano fino al 70 % in alcune fasi come la guerra del Paraguay fra il 1865 e il 1870. A coprire queste spese furono in preponderante misura le entrate derivanti dall’imposizione sul commercio estero, che crebbe parallelamente al ristabilirsi dei circuiti internazionali, interni e soprattutto esterni.
Soltanto ripercorrendo attentamente tutte le complesse vicende politico-militari delle decadi successive all’indipendenza –cioè le fasi della lotta per l’affermazione di distinti modelli statuali– è possibile comprendere come si addivenne alla costruzione dei moderni sistemi fiscali nel continente latino-americano e parallelamente all’articolazione degli apparati statali, con le loro burocrazie e agenti informali; in altre parole, il fatto economico –in questo caso l’evoluzione della fiscalità– è interpretato e inserito in un contesto di variabili certamente economiche, come la produzione di beni di esportazione, ma anche di natura politica, culturale o ideologica, senza le quali ogni lettura risulterebbe mutila e incompleta.
La produzione di Juan Carlos su questi temi è vastissima e, senza essere mai ripetitiva, presenta al suo interno una linea di evoluzione, che da una parte tende a focalizzarsi nell’analisi di alcune specifiche congiunture, dall’altra si apre a ventaglio su una serie di temi contermini –come il debito pubblico, la sua collocazione sui mercati esteri, i prestiti internazionali– dall’altra ancora allarga progressivamente il discorso a una lettura comparata del caso argentino ad altre aree del continente;[7] del resto sarà appunto questo il tema della sua ultima grande impresa di ricerca di gruppo, il già ricordato progetto finanziato su A Comparative History of the State Building process in Latin America (1820-1870).[8]
Parallelamente a questa grande ricerca collettiva, che ha costituito un’occasione di crescita scientifica unica per un gruppo di giovami studiosi provenienti da tutta l’America Latina,[9] è però importante ricordare anche un altro importante progetto condotto da Juan Carlos negli ultimi anni di vita, quello sulla comunità pampeana di San Antonio de Areco, che dimostra l’avvicinamento agli studi di microstoria. Del resto, a partire dal 1991, Juan Carlos era tornato a Parigi, presso l’EHESS, dove fu Directeur d’Etudes fino al 2009 e l’Ecole fu certamente uno dei centri più attivi per la diffusione degli studi di microstoria.[10] Lo studio su San Antonio de Areco[11] rappresenta innanzitutto un punto di arrivo per gli studi di Juan Carlos sulle comunità rurali argentine giacché attraverso lo studio di un caso specifico viene ricostruita l’evoluzione della società e dell’economia rioplatense tra l’età coloniale e la fine del XIX secolo; allo stesso tempo, però, la piccola, ma dinamica, comunità pampeana costituisce uno straordinario micro-cosmo dei cui abitanti viene indagato l’universo dei valori e le passioni, ricostruendo dei trazos de vida, che sottraggono i personaggi della storia a un limbo di algida indeterminazione e ne fanno donne e uomini in carne e ossa.
E’ come se, indagando le vite dei protagonisti delle vicende giudiziarie portate davanti all’alcalde o al parroco di San Antonio de Arenco o arrivate fino alle autorità di Buenos Aires, Juan Carlos avesse chiuso un cerchio iniziato un trentennio prima con la scrittura di Mercado Interno y Economía Colonial: in quello studio, il rifiuto del determinismo delle leggi economiche applicate al passato aveva portato a restituire protagonismo agli attori della storia, umili o misconosciuti come gli indios guaranì che per primi avevano praticato la coltivazione e il consumo dell’erba mate; ora, nello studio della comunità pampeana, almeno nei limiti angusti in cui le fonti lo consentivano, trovavano espressione anche le identità, le persone e le loro contraddittorie emozioni. Il percorso compiuto da Juan Carlos attraverso la storia economica argentina e latino-americana è quindi anche un importante contributo a restituire protagonismo e voce a soggetti che le leggi delle economia, del passato come del presente, tendono sistematicamente ad ignorare.
* * *
Nel febbraio del 2014 fui invitato a tenere dei seminari presso l’EHESS; in quella occasione coincidemmo per alcuni giorni a Parigi con Juan Carlos ed Elisa e fu in questa circostanza che Juan Carlos mi parlò diffusamente del progetto, che stava allora iniziando a realizzare, di raccontare in un libro scritto in prima persona i suoi anni giovanili, fino all’inizio dell’esilio dall’Argentina nel 1976, con particolare attenzione alla sua esperienza politica. A motivare il progetto, mi disse, vi era il desiderio che le generazioni più giovani, ormai completamente avulse dal clima convulso dell’Argentina degli anni ’70, comprendessero le scelte, spesso contraddittorie, fatte dai protagonisti di quel periodo e ricordo che parlammo a lungo anche di quanto avveniva in Italia nello stesso momento, nei cosiddetti anni di piombo, segnati dalla grande violenza politica del terrorismo di destra e di sinistra, dalla presenza delle Brigate Rosse e dal sequestro e omicidio di Aldo Moro, dalla complicità di settori della politica e dell’amministrazione con le strategie eversive, senza dimenticare le oscure connessioni che negli anni della dittatura e in quelli immediatamente precedenti legarono l’Argentina agli ambienti del neo-fascismo italiano e degli apparati deviati dello Stato.[12] Tutto questo ci portò anche a parlare lungamente del film italiano La meglio gioventù,[13] che racconta, tra l’altro, le vicende di due giovani fratelli che vivono quegli anni con scelte di vita e politiche opposte. Ad ottobre dello stesso anno, a Buenos Aires, Juan Carlos mi disse che il libro era sostanzialmente finito, e infatti sarebbe stato pubblicato poco tempo dopo.[14]
Quando poi lessi il libro, una volta arrivato alla parte che prende avvio con la fine degli anni ’60 e che s’incentra sull’esperienza politica, una delle prime immagini che mi evocarono le pagine che andavo scorrendo avidamente fu quella de L'étrange défaite, la magistrale opera con cui Marc Bloch ripercorreva le fasi della catastrofica sconfitta francese contro l’esercito tedesco a pochi mesi dal suo prodursi.[15] In entrambi i casi si trattava di una magnifica prova di storia del presente, raccontata da un attore, ancorché secondario, che però metteva nella lettura del vissuto tutta la sua esperienza di grande storico. Mi colpiva infatti che Juan Carlos, come in seguito ebbi anche modo di commentare con lui, avesse messo in luce senza reticenze tutte le contraddizioni dell’animo umano nel momento di compiere delle scelte. Mi parve che egli non stesse soltanto raccontando la sua vicenda umana, e lo facesse sempre con l’ironia che gli era propria, ma stesse rivolgendo anche un messaggio agli storici, e in particolar modo ai giovani storici, quello di saper cogliere in ogni accadimento la dimensione della piccola storia, il lato umano, le contraddizioni, le difficoltà e le drammaticità delle scelte personali, che poi la grande storia finirà per far dimenticare, all’interno degli ampi movimenti che riguardando la comunità, le collettività, i numeri elevati. Mi sembrò allora, e mi sembra ancor di più oggi, che questo insegnamento si saldi perfettamente con il percorso di studi compiuto da Juan Carlos Garavaglia nella storia economica e che costituisca il suo più bel lascito, scientifico e umano.
Roma, dicembre 2017.
Riferimenti
ROMANO, Ruggiero Tra due crisi: l'Italia del Rinascimento, Einaudi, Torino, 1971
VIVANTI, Corrado Storia d’Italia Einaudi, 6 voll., 10 tomi, Einaudi, Torino, 1972-1976
TORTOLERO,Alejandro (coord.) Construir la Historia. Homenaje a Ruggiero Romano, Universidad Autónoma Metropolitana, Universidad Autónoma del Estado de México, El Colegio de México, El Colegio de Michoacán, Instituto Mora, México, 2002
GARAVAGLIA, Juan Carlos Mercado interno y economía colonial. Tres siglos de historia de la yerba mate, Enlace Grijalbo, México, 1983
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Guerra y finanzas en la Argentina unificada, 1864-1872: la guerra del Paraguay y la misión De la Riestra en Londres”, en Quinto Sol, Vol. 20, núm. 3, septiembre-diciembre 2016, pp. 1-33
GARAVAGLIA, Juan Carlos - PRO RUIZ, Juan (eds.) Latin American Bureaucracy and the State Building Process (1780-1860), Cambridge Scholars Publishing, Newcastle upon Tyne, 2013
GARAVAGLIA, Juan Carlos - MARCHENA, Juan America Latina de los orígenes a la independencia, Crítica, Barcelona, 2005
REVEL, Jacques Jeux d'échelles. La micro-analyse à l'expérience, EHESS - Gallimard - Seuil, Paris, 1996
GARAVAGLIA, Juan Carlos San Antonio de Areco, 1680-1880: un pueblo de la campaña, del antiguo régimen a la modernidad argentina, Prohistoria, Rosario, 2009
TOGNONATO, Claudio (a cura di) Affari nostri. Diritti umani e rapporti Italia-Argentina (1976-1983), Fandango, Roma, 2012
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CAPDEVILA, Luc “Juan Carlos Garavaglia, Una juventud en los años sesenta”, en Nuevo Mundo Mundos Nuevos– Edition en ligne, Comptes rendus et essais historiographiques, consulté le 27 décembre 2017
Nota